III CENTENARIO DELLA CONSACRAZIONE DELLA BASILICA SETTECENTESCA DEI SS. XII APOSTOLI IN ROMA DA PARTE DI PAPA BENEDETTO XIII

MARTEDÌ 17 SETTEMBRE 1724

FESTA DELLA IMPRESSIONE DELLE SACRE STIMMATE DI SAN FRANCESCO D’ASSISI

RELAZIONE DELL’ARCHIVISTA GENERALE P. DOMENICO CASTIGLIONE

SALUTO

Il Signore vi dia la pace!

Scorgo tanti volti a noi cari. Vi siamo grati per aver accolto il nostro invito e condividere con noi questo evento così importante per la nostra bella basilica, onorandoci con la Vostra gentile presenza.

In questo mio intervento: una breve cronistoria della basilica romana dei SS. XII Apostoli; accennerò, inoltre, allo stato minaccioso della chiesa prima degli interventi settecenteschi, per poi passare alla decisione di intervenire ricostruendo dalle fondamenta il nuovo edificio sacro; infine, quale era lo stato della nuova chiesa al tempo della consacrazione da parte del papa Benedetto XIII, avvenuta nella festa della impressione delle sacre stimmate di san Francesco d’Assisi il 17 settembre 1724, precisamente trecento anni fa, ed era di domenica.

Per questa relazione, sia chiaro, mi sono servito delle carte d’archivio, e preso in prestito quanto illustri confratelli archivisti, storici, ricercatori e studiosi, hanno scritto sull’evento. Dunque, il mio unico apporto sarà quello di riportare alla memoria quanto avvenuto nel tempo riguardante la nostra grande maestosa basilica, nella quale, come Ordine dei frati minori conventuali, siamo presenti ed operiamo fin dal 1463, grazie alla mediazione ed all’opera dell’eminente cardinale Bessarione, le cui spoglie riposano in questo sacro luogo. Dodici anni dopo, nel 1475, il papa francescano conventuale Sisto IV Della Rovere, affiderà alla comunità conventuale anche la parrocchia.

Saremo concisi nell’esposizione, tralasciando di considerare notizie, soprattutto tecniche, che anche se importanti per comprendere la storia della basilica, non possiamo approfondire per questione di tempo.

Ma andiamo direttamente alle vicende che più da vicino ci interessano.

1.      Breve cronistoria

Come la si vede oggi, situata sotto le pendici del Quirinale, la basilica dei Santi Apostoli appare all’interno in una ricca veste settecentesca, modificata da una serie di aggiunte posteriori, come la cripta di fronte l’altare maggiore. La definizione di questo impianto, che dovremmo immaginare spogliato da tutte le attuali decorazioni, fu preceduta da una serie di trasformazioni importanti della chiesa medievale, avvenute soprattutto nel tardo Quattrocento, periodo al quale risale anche il portico a due piani nella facciata, conclusa in alto da un coronamento a timpano della prima metà dell’Ottocento.

Ma facciamo un passo indietro. Secondo quanto riportato nel Liber Pontificalis, forse la fonte principale per la conoscenza delle origini di molte chiese romane, la basilica dovette sorgere, dedicata non ai dodici apostoli ma ai soli Filippo e Giacomo, alla metà del VI secolo, durante il pontificato di papa Pelagio (556-561). Dovette essere il successore di Pelagio, Giovanni III (561-574), a vederla ultimata, secondo l’ulteriore indicazione tratta dal Liber Pontificalis; iscrizioni a riguardo si trovano all’interno del portico. La basilica, l’unica non costruita su preesistenti edifici, dovette essere stata edificata principalmente con materiali di spoglio, come testimoniano le belle colonne antiche decorate a spirale, che, recuperate durante la ricostruzione settecentesca, oggi spartiscono le navatelle della cappella del Crocifisso, situata a destra del coro.

Intanto, dalla primitiva denominazione di: Santi Apostoli Filippo e Giacomo, si passa, col trascorrere dei secoli, a quella di: Santo Apostolo, Santi Apostoli, o dei Santi Dodici Apostoli. Tale denominazione fu confermata nell’ultima consacrazione avvenuta il 17 settembre 1724 per opera di papa Benedetto XIII. Santi Apostoli: è rimasto nella toponomastica odierna.

Frequenti inondazioni del Tevere, vari terremoti e scarse possibilità economiche dell’epoca, in meno di due secoli ridussero la tanto ammirata costruzione ad uno stato rovinoso. Alla fine del secolo VIII tre Papi, che si susseguirono nel pontificato, si dettero da fare per riparare tanti danni. Paolo I (757-767) rifece la copertura, Adriano I (772-795) rinnovò il portico e rifece ancora parte del tetto, altre riparazioni importanti furono compiute da Leone III (795-816).

Papa Adriano I (772-795), in un trattato diretto a Carlo Magno nel 792, accenna alla meravigliosa ampiezza della chiesa, che dice adorna di mosaici, facendone l’elogio.

Danni ancora più gravi furono provocati dal terremoto dell’847, per cui papa Stefano V (885-891) trovando la chiesa in rovina, la rinnovò dalle fondamenta. In questa occasione probabilmente ne fu rialzato il piano di un metro e mezzo. Questo papa trasferì nella basilica un gran numero di reliquie dai cimiteri suburbani della via Latina e della via Salaria.

Tra i santi presenti in basilica sono da ricordare S. Eugenia e sua madre S. Claudia, le cui reliquie furono trasportate da papa Stefano VI (896-897). Si trovano in un urna di porfido rosso nella cappella del Bessarione, dietro l’altare della cappella dedicata a sant’Antonio di Padova.

Nel mezzo della chiesa sul pavimento davanti al presbiterio esisteva fino al secolo scorso una griglia di ferro che proteggeva una magnifica pietra ovale. Questa chiudeva il cosiddetto cimitero di Aproniano. La si può vedere ancora oggi nella cripta dove è stata trasportata sul rinnovato <<Pozzetto dei martiri>>.

Dopo questi interventi, bisogna arrivare al secolo XII per registrare dei lavori di una certa importanza. Nel 1162 Lorenzo di Tebaldo vi costruì il bel ciborio che probabilmente copriva l’altare primitivo del VI secolo, forse ancora visibile a quell’epoca. Il monumento fu poi totalmente occultato fino al secolo XIX, quando fu gioiosamente rimesso in luce, ed ultimamente, nel 2016, composto visibilmente dietro l’altare maggiore.

Frattanto la chiesa ha avuto bisogno di altre cure. Un grave terremoto del settembre 1348 recò gravissimi danni all’edificio, ma i tempi tristi del periodo avignonese non permisero una riparazione immediata. Si dovette attendere quasi un secolo perché si trovasse chi si occupasse di esso, e fu un papa della famiglia Colonna, Martino V (1369/1370-1431), di ritorno dal Concilio di Costanza (1417), dove era stato eletto. Egli profuse tutte le sue energie per il restauro edilizio dei luoghi di culto di Roma. Ma ebbe una predilezione per la basilica che sorgeva accanto alla dimora del suo casato. La medaglia che commemora il suo lavoro edilizio riproduce infatti la basilica dei Santi Apostoli.

Con il breve di papa Pio II (1458-1464) del 30 giugno 1463, la basilica divenne francescana. La consegna ai frati minori conventuali avvenne il giorno seguente, l’1 luglio, dal vescovo Sipontino Nicolò Perrotta nelle mani del procuratore generale dell’Ordine, padre Zannetto da Udine. Il trapasso fu preparato ed ottenuto dal grande benefattore: il cardinale Bessarione, titolare della basilica.

Seguirono i restauri con papa Sisto IV Della Rovere (1471-1484), con il cardinale Giuliano Della Rovere poi papa Giulio II (1503-1513), ed anche con papa Sisto V Peretti (1585-1590); Sisto IV e Sisto V: papi francescani conventuali, per giungere alla situazione precaria della chiesa nel XVII secolo.

2.      Situazione dell’edificio della basilica prima della ricostruzione settecentesca

Nella seconda metà del 1600 ci fu un appassionato restauratore della basilica, in particolare della cappella dei Ss. Filippo e Giacomo il Minore, ossia la cappella maggiore, come si diceva allora. Fu il p. Lorenzo (al secolo: Giovanni Francesco) Brancati (1612-1693) da Lauria (Potenza, in Basilicata), guardiano del convento, poi cardinale (1681).

Il lungo elenco dei suoi interventi, intrecciati con gli studi e gli uffici che rendeva alla Santa Sede, si leggono nell’epigrafe che si trova presso la sacrestia, dal lato del chiostro, datata 1681. Le grandi lettere iniziali che troviamo sulla facciata del portico dovrebbero essere la sua firma nell’impresa da lui assunta e svolta in onore degli Apostoli.

La volontà di Brancati, perseguita con caparbietà, risultò vana: alcune modifiche apportate alle strutture della chiesa ne minarono definitivamente la stabilità tanto che nel settembre del 1701 si decise di abbatterla. Oltre la cappella maggiore, nella chiesa erano anche altre 12 cappelle.

3.        La ricostruzione dell’edificio sacro

Nel gennaio del 1702 il Sommo Pontefice inaugura la nuova costruzione con la posa della prima pietra, come ricorda p. Bonelli, <<per ben 22 anni vi si lavorò attorno per ultimare la nuova stupenda basilica, degna veramente di essere considerata come una delle più belle, grandiose e maestose chiese di Roma che Benedetto XIII ebbe la consolazione di consacrare, prima, nel primo anno del suo Pontificato>> (17 settembre 1724). L’inizio dei lavori fu preceduto da una riunione dei padri della comunità, resasi necessaria per la fatiscenza del manufatto, tenuta alla presenza del cardinal Leandro Colloredo, protettore dell’Ordine, e degli architetti Giacomo Sassi e Francesco Fontana nel novembre 1701. Su progetto di quest’ultimo inizieranno i lavori per la demolizione e la successiva ricostruzione della chiesa dalle fondamenta. Costui vi lavorò dal 1702 fino alla morte avvenuta nel 1708, dopodiché gli succedettero il padre Carlo Fontana e, dal 1712, un assistente di questo, Niccòlo Michetti, lo stesso che intervenne anche a palazzo Colonna dal 1730. La nuova chiesa doveva risultare la grande occasione professionale di Francesco Fontana che nel 1702, dopo una collaborazione con il padre, aprì la serie dei grandi restauri settecenteschi. L’antica chiesa non esisteva più ed al suo posto prendeva forma un nuovo complesso che nulla serbava dell’antico. Pur se le dimensioni rimasero uguali, i modelli di riferimento, in un continuo <<fraintendimento>> della lezione dei maestri seicenteschi, divennero le chiese di S. Giovanni dei Fiorentini e di S. Ignazio.

Appena entrati in chiesa, se ci voltiamo verso l’ingresso, siamo attirati da una iscrizione del 1724, che si impone per le sue dimensioni e per il contenuto, tradotta dal latino

<<A Dio ottimo e massimo. Questa basilica costruita da Costantino il grande in onore dei SS. XII Apostoli, poi decaduta ad opera dei Barbari e per le vicende dei tempi, fu riparata dai sommi Pontefici e in particolare da Giulio II, ornata poi dal Card. F. De Lauria Brancati. Di nuovo fatiscente e in rovina, sotto gli auspici di Clemente XI che vi pose la prima pietra, è stata ricostruita dalle fondamenta dalla famiglia dei Minori Conventuali di S. Francesco, l’anno 1702>>.

A questa è collegata un’altra che si trova nel portico, nella quarta campata di sinistra su grande lapide marmorea a forma di pergamena, la quale con lo stile di un rògito e la forma esterna di una magna pergamena, testimonia ai futuri l’avvenuta consacrazione. Tradotta dal latino, succintamente

<<Da Benedetto XIII Sommo Pontefice dell’Ordine dei Predicatori, il giorno 17 settembre 1724… giorno delle sacre stimmate di S. Francesco, questa nostra basilica rifatta al posto della vecchia cadente, fu consacrata (la prima del suo pontificato) in onore della Vergine Madre di Dio, dei SS. XII Apostoli e dello stesso S. Francesco… L’ordine dei Minori Conventuali volle questa dedica in segno di gratitudine verso il S. Padre>>.

Iscrizione con i titoli della basilica.

Portico, alla destra dell’entrata

Due punti estremi dunque di un’opera colossale, quale fu la ricostruzione settecentesca. Si diceva, a torto o a ragione, che la precedente fabbrica non reggeva più e che, essendone seriamente in pericolo la stabilità, non valeva la pena di intraprendere altre riparazioni. Anzi, sembrava proprio che il colpo di grazia le fosse stato inflitto dai precedenti interventi, forse non ben calcolati. Circa questa delibera non mancarono recriminazioni, titubanze e ripensamenti anche nel corso dei lavori, ma infine prevalse la tesi del totale rinnovamento.

La prima pietra fu posta dallo stesso sommo pontefice Clemente XI il 27 febbraio 1702, presso l’entrata principale, nel fondamento delle due colonne a destra della porta centrale. In una cavità praticata nella stessa pietra (che aveva le dimensioni di quella che il papa Giulio II aveva posto a fondamento della basilica Vaticana) furono inserite alcune medaglie commemorative, nel cui rovescio i due esemplari avevano l’immagine che consisteva nella nuova pianta della nuova chiesa.

Parlando di costruzioni degli edifici, un altro collegamento logico si rende necessario. Usciamo all’aperto e leggiamo sulla parte esterna del campanile due brevi iscrizioni del secolo XVII, che riguardano il rimaneggiamento della torre campanaria e nominano i benefattori cardinale Girolamo Colonna nell’anno 1628, ed il cardinale Flavio Chigi che l’ha rialzato nel 1678. Due famiglie romane che si sono acquistate grandi benemerenze nel rinnovamento e la manutenzione del monumento. A questa associamo quella dei Torlonia come risulta dalla facciata dell’edificio sacro e da iscrizioni nella sacrestia. Non sono le sole famiglie che hanno cooperato alla costruzione e ai vari rinnovamenti della chiesa. Ricordiamo quindi i Riari, i Muti-Papazzurri, i Mancini, gli Orsini-Chiàveri, i Mandosi. Ma in modo più vistoso vi hanno contribuito i Colonna e gli Odescalchi.

Ci preme affermare con la stessa forza, che la basilica, specialmente quella ricostruita nel Settecento, cioè l’attuale, si deve all’opera, alla solerzia e all’amore dell’Ordine francescano. Sono stati i frati minori conventuali, senza dubbio con l’aiuto e le elemosine di molti, che l’hanno costruita, abbellita e conservata. Il ministro generale del tempo Coronelli, grande cosmografo della Serenissima, il 20 giugno 1702, inviò una lettera a tutte le Province dell’Ordine stabilendo i necessari contributi delle singole case, religiosi e Province, tassa che fu generalmente benevolmente accolta a tutti i livelli della fraternità. Evidentemente al convento dei SS. Apostoli si imposero i sacrifici maggiori e più lunghi, tutti i frati esemplari nel sopportare privazioni e sacrifici per un lungo periodo di 22 anni.

4.      Consacrazione della nuova chiesa

La nuova chiesa fu consacrata da papa Benedetto XIII Orsini (1649-1730) il 17 settembre 1724 festa delle Sacre Stimmate di san Francesco d’Assisi, dopo solo circa quattro mesi dalla sua elezione avvenuta il 29 maggio, benché allora i lavori non fossero ancora finiti, gli altari laterali non erano ancora ultimati e non fosse compiuta la fronte dell’edificio.

Domenico Bruschi, San Francesco riceve le stimmate. Cappella del Crocifisso

A causa del suo lungo protrarsi nel tempo, il cantiere dei Santi Apostoli divenne oggetto d’interesse per gli architetti romani coevi, e soprattutto per coloro che gravitavano intorno allo studio del Fontana. Ai lavori dovette collaborare sicuramente il giovane messinese Filippo Juvarra (1678-1736), prete e architetto, che tra il 1704 e il 1714 si trattenne a Roma alle loro dipendenze, e del quale si conserva anche un disegno che rappresenta la finestra centrale della facciata interna della basilica.

Un quadro assegnabile a Gian Paolo Panini e collaboratori (1743-1745), rappresentante la consacrazione del cardinale Carlo Rezzonico a vescovo di Padova, avvenuta nella basilica nel 1743, e che invece era stato ritenuto da alcuni come rappresentazione della consacrazione della basilica avvenuta nel 1724, tramanda un’immagine del suo interno molto diversa da quello attuale, che ci rende chiare le originarie intenzioni del Fontana riguardo alla decorazione generale del vasto invaso spaziale. Infatti i restauri diretti dall’architetto Luca Carimini tra il 1869 e il 1878, durante i quali fu edificata la cripta neo-medievale di fronte al coro, hanno modificato sostanzialmente la veste decorativa della chiesa, annullando quegli effetti che erano stati particolarmente ricercati da Fontana. Dal dipinto si nota che i due grandi affreschi presenti nelle volte della nave maggiore e del presbiterio, di mano del Baciccio e di Giovanni Odazzi, dovevano contrastare felicemente, per il vivace colorismo, con l’uniforme color travertino dei pilastri e dei loro ornamenti architettonici. Priva delle dorature e degli affreschi con gli Evangelisti aggiunti nella volta centrale da Luigi Fontana durante i restauri ottocenteschi, nonché delle ‘baccellature’ che nella stessa occasione furono sovrapposte alle paraste corinzie, l’interno della chiesa doveva essere molto più soddisfacente di come appare oggi (certamente, secondo alcuni).

Gian Paolo Panini e collaboratori (1743-1745)

L’iconografia dell’edificio è quanto mai semplice: essa si compone di tre navate distinte da pilastri corinzi, sui quali si estende un bell’attico, che sostiene la volta. Si noti una particolarità importante: nell’ingresso di sinistra ha trovato posto il battistero incavato nel muro maestro.

Entrando nella nuova basilica, nella parete d’ingresso, ai lati della grande targa commemorativa della ricostruzione settecentesca, datata 1702 e sormontata dallo stemma di Clemente XI, quattro pregevoli Virtù statuarie in stucco, compiute entro il 1709: partendo da sinistra, la Religione, che regge la croce, compiuta da Pierre Legros, scultore francese, da lungo tempo stabilitosi a Roma, che fa pendant con l’Orazione, a destra, con il rosario, di mano di un altro francese, attivo nella capitale, Pierre Monnot. Quanto alle due figure sedute, si tratta della Carità, con un cuore, a sinistra, e della Fede, con un calice, a destra. Dai documenti risulta che la prima sia opera di Giuseppe Napolino, di cui non si hanno notizie, mentre la seconda è opera di Piero Papaleo, scultore palermitano del quale esistono altre sculture in alcune chiese di Roma.

È indubbio che l’invadenza delle aggiunte ottocentesche crei una confusione negativa per gli effetti ricercati dai decoratori settecenteschi, per i quali l’enfasi figurativa doveva attestarsi solo in tre punti dell’interno: l’affresco del Baciccio, quello successivo con la Caduta degli angeli ribelli, di Giovanni Odazzi (Roma 1663-1731) e, sul fondo del coro, il Martirio dei Santi Filippo e Giacomo il Minore di Domenico Muratori. La sequenza dei due affreschi nella volta, conclusa dalla grande pala sul fondo, dà luogo a un bell’effetto scenografico, mirato sui valori della luce proveniente dalle finestre.

Nella basilica sono presenti quattordici nicchie vuote, dodici delle quali, presumiamo, dovevano ospitare le statue dei Dodici Apostoli. La loro rappresentazione sarà recuperata, durante i restauri di fine Ottocento nei dipinti di Luigi Fontana. Ai dieci apostoli, il Fontana aggiungerà S. Paolo e S. Barnaba (raggiungendo così il numero di dodici), per sostituire S. Matteo e S. Giovanni, affrescati insieme a S. Marco e S. Luca nei fascioni ascendenti verso l’affresco centrale della volta.

Le cappelle della basilica settecentesca non ancora ultimate al tempo della consacrazione da parte di Benedetto XIII il 17 settembre 1724, erano quelle dell’Immacolata, di San Bonaventura, della Pietà e di San Giuseppe da Copertino.

Ultimata era la cappella di sant’Antonio di Padova, degli Odescalchi; quasi ultimate le cappelle del Crocifisso e di san Francesco d’Assisi, dei Colonna.

Riportiamo ora parte della trascrizione della prima pagina della Relazione dell’avvenuta consacrazione della basilica settecentesca da parte di papa Benedetto XIII

RELAZIONE

DELLA SOLENNE

CONSACRAZIONE

fatta il dì 17. Settembre

DELLA BASILICA

DÉ SS. XII APOSTOLI

Dalla Santità di Nostro Sign. Papa

BENEDETTO XIII

IN ROMA 1724

Nella Stamperia del Chracas

La Basilica dé SS. Dodici Apostoli, dopo quelle de’SS. Pietro, e Paolo… e da Pio II… data a’ PP. Minori Conventuali di S. Francesco; poscia da Sisto IV., che fece la tribuna dell’Altar Maggiore, e da Giulio II., ch’essendo ancora Cardinale, l’abbellì di Facciata, e di Portico, in più decoroso stato ridotta. Finalmente nel Pontificato di Clemente XI., che vi pose la prima pietra, con nobile Architettura del Signor Cav. Francesco Fontana, tornata la detta Sagra Basilica da’ prenominati PP. Min. Convent. a rifabbricarsi da’ fondamenti, e resa in oggi una delle ample, vaghe, e divote Chiese di Roma;  dalla Santità di Nostro Signore BENEDETTO XIII. felicemente Regnante, venne destinato, affine di solennemente Consegrarla, il giorno delle Sagre Stimmate del loro Patriarca S. Francesco, Domenica 17. corrente, per la singolar divozione verso del medesimo Santo; fecondando con ciò Sua Beatitudine quel Santo Pontefice della sua stessa Religione, e dell’istesso suo Nome Benedetto XI:, che istituì l’Anniversaria solennità della Festa delle Sagre Stimmate…

Nella Relazione dell’avvenuta consacrazione della basilica settecentesca da parte di papa Benedetto XIII, la descrizione di ciò che avvenne la sera prima, sabato 16 settembre alle ore 21, si nominano gli assistenti del Pontefice, la collocazione delle reliquie dei santi Donato e Severino martiri, la visita del Pontefice a tutte le altre reliquie e altari della chiesa, e il trasferimento per l’ora tarda a Santa Maria in Vallicella dove era posto il SS. Sacramento per le Quarant’ore, terminando la giornata con la preghiera all’altare di S. Filippo Neri. La domenica mattina, ritornato il papa ai SS. Apostoli, e portatosi all’oratorio dove la sera prima erano state riposte le reliquie dei santi martiri Donato e Severino, recitati i sette salmi penitenziali e presi gli abiti pontifici, alla porta della chiesa, alle ore 11, inizia la solenne consacrazione della basilica, assistito da vescovi, e processionalmente da numeroso clero, e riposte all’altare maggiore le reliquie dei santi Donato e Severino, lo consacrò, celebrando nello stesso altare la Messa, alle ore 18 con universale ammirazione dell’indefessa e devotissima pietà del sommo pontefice, terminò la sacrosanta funzione. Nella Relazione si narra pure che il papa concesse l’Ufficio di detta sacra funzione la domenica successiva alla solennità delle Sacre Stimmate e che questa è la prima chiesa consacrata da papa Benedetto XIII, oltre le 356 consacrate nel tempo in cui era cardinale arcivescovo di Benevento.

Per la consacrazione della basilica, Benedetto XIII scelse la data del 17 settembre, giorno in cui l’Ordine francescano celebra la festa della impressione delle sacre stimmate a san Francesco d’Assisi, istituita dal beato papa Benedetto XI (1303-1304), anch’egli domenicano.

Nel verbale del consiglio della comunità religiosa del 4 luglio 1724, si scrive della consacrazione della basilica settecentesca dei SS. XII Apostoli specificando che fu proprio papa Benedetto XIII che si offrì spontaneamente per la consacrazione della basilica.

Nel libro dei Regesti del ministro generale Carlo Giacomo Romilli da Bergamo, al mese di ottobre, si scrive della donazione a Benedetto XIII di un reliquiario di S. Francesco, da parte della comunità conventuale dei SS. XII Apostoli, in ringraziamento per la consacrazione della basilica.

Nel 1725, lo stesso papa Benedetto XIII, concederà indulgenza plenaria alla basilica per il giorno 1 febbraio, a tutti i fedeli che la visiteranno. Tre anni dopo, lo stesso papa Benedetto XIII concederà un’altra indulgenza (durevole sette anni) per la festa del beato Andrea Conti, alla basilica dei SS. XII Apostoli e in tutte le chiese dei minori conventuali, sempre il primo di febbraio. Prima di Benedetto XIII, già papa Innocenzo XIII Conti (1665-1724), aveva concesso indulgenza plenaria per lo stesso motivo, il 24 gennaio 1724.

Ringraziandovi per il paziente ascolto, ci prepariamo per la solenne celebrazione Eucaristica, presieduta dal Decano del Collegio cardinalizio, S. Em. il cardinale Giovanni Battista Re, già titolare di questa basilica (anni 2001-2002).

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